SPIAGGE AGRIGENTINE. “Eraclea Minoa, inciviltà nella natura incontaminata. E dove sono le istituzioni?”
La denuncia di un visitatore di Eraclea Minoa al quotidiano online SiciliaInformazioni.
Gentile redazione di SiciliaInformazioni, scrivo per raccontare un episodio di comune indecenza e inciviltà di cui sono stato involontario protagonista ieri, domenica 26 luglio. Teatro del crimine, dove temo si consumi con frequenza almeno settimanale, è uno dei tratti di costa più suggestivi dell’intera Sicilia dove una natura di incontaminata e variegata bellezza (spiagge con pinete e macchia mediterranea, bianchissime falesie, argilla e acque azzurre) si mescola con la cultura e la storia (anfiteatro greco). Mi riferisco ad Eraclea Minoa, a metà strada circa tra Agrigento e Sciacca.
Si tratta di un luogo magnifico, segnalato in tutte le guide e i siti di turismo, nazionali e internazionali. Un’attrattiva unica su cui fondare credibilmente la sempre troppo pubblicizzata a parole ma poco troppo poco valorizzata nei fatti, pretesa meraviglia della Sicilia. Una pretesa che avrebbe anche la sua fondatezza, ma che rischia seriamente di diventare un vuoto proclama autoreferenziale.
Sino a quando la realtà non avrà il sopravvento sull’illusionismo auto celebrativo dispensato a piene mani e gratuitamente (non per le società incaricate di curare le campagne promozionali) dai nostri venditori di fumo e tour operator e turisti decideranno di non farsi più rifilare le frequenti fregature smascherando la politica delle finzioni.
Perché prima o poi, di questo passo, si arriverà a toccare il fondo. Se gli albergatori di Palermo si autotassano per acquistare una motorino da 300 euro per l’acqua della fontana di piazza Pretoria e i turisti iniziano a familiarizzare con la “munnizza” ritraendola nelle loro foto ricordo come emblema della città, il danno per l’immagine della Sicilia (della città di Palermo nel caso specifico) rischia di diventare irreversibile.
Torniamo però da dove avevamo cominciato: la spiaggia di Eraclea Minoa. L’impatto iniziale, con l’attraversamento della pineta, ridotta ad un bivacco incontrollato di campeggianti e fuochi per l’immancabile “arrustuta”, rievoca immediatamente le istantanee di ordinaria inciviltà e incuria del nostro parco cittadino, la Favorita, nei giorni di Pasquetta e Ferragosto.
La spiaggia è un brulicare di bagnanti e di ragazzi che giocano e si divertono. Fin qui niente da eccepire, se si esclude qualche cross o tiro che ti sibila vicino l’orecchio. Ma siamo abituati.
Il problema si presenta purtroppo al termine della giornata, quando la gente comincia a sfollare, lasciandosi dietro, nella totale indifferenza dei superstiti, un vero e proprio campo di battaglia. Uno spettacolo avvilente e umiliante, anche e soprattutto perché tra gli amici portati in visita c’è una turista straniera con la quale mi volevo “allargare” esibendole le bellezze della mia terra. Una discarica di bottiglie (di vetro e plastica), bicchieri (plastica), pacchetti di sigarette e mozziconi, fazzolettini e persino sacchetti di immondizia abbandonati sulla spiaggia. Con l’aggravante e a dispetto della presenza di numerosi contenitori per l’immondizia dislocati lungo tutto il recinto che delimita l’accesso alla spiaggia.
Così, anziché fare il pavone, mortificato come un ladro, ho adottato i panni dell’operatore ecologico. Con l’aiuto della mia ragazza e dei miei amici, anche della forestiera, abbiamo raccolto una decina di sacchetti di bottiglie di vetro e plastica, queste ultime persino schiacciate per ridurne l’ingombro, come in preda ad una sorta di riflesso condizionato a cui noi palermitani (alcuni di noi) inutilmente ci sottoponiamo quotidianamente.
Tutto questo in perfetta solitudine e nella più assoluta indifferenza della gente rimasta in spiaggia.
Al tramonto, ore 19:30 circa, completato il servizio di pulizia, ripercorriamo la pineta per avviarci alle macchine. La scena è ancora peggiore: un tappeto di immondizia che copre ogni dove, interrotto di tanto in tanto da alcuni irriducibili dell’arrostita che continuano imperterriti a cucinare le ultime fettine di bacon (forse come dessert). Uno spettacolo doppiamente deprimente: primo perché la devastazione è tale e tanta da non permetterti nemmeno di capire, ammesso che avessi desiderato di farlo, da dove cominciare per rimediare; secondo perché rivela brutalmente l’inutilità del piccolo sforzo fatto in precedenza.
Il problema, a mio modesto avviso, non può essere affrontato limitandosi a intervenire sugli aspetti e le dinamiche socioculturali, almeno nell’immediato, perché questi atteggiamenti sono troppo radicati in larghe fasce della popolazione e la gente è troppo assuefatta alla mancanza di etica della cosa pubblica, per poterla percepirla come anomalia e pericolo per la propria convivenza civile. Sono sicuramente indispensabili le campagne di sensibilizzazione ed educazione al rispetto della natura e dell’arte, nei comportamenti sociali come in quelli economici, ma oggi mi sembra necessario invocare l’intervento dello Stato e delle Istituzioni (Regione, Province, Comuni, Enti Parchi e Riserve, Protezione Civile, Vigili del Fuoco, Guardia Forestale, ecc..), delle ONG (Legambiente, WWF, ecc…), dell’esercito, delle ronde, dell’ONU, dell’esercito della salvezza, di qualcuno, insomma, a presidio (fisico) dei punti più sensibili, anche rispetto alle mutevoli sensibilità della politica. Sarebbe già comunque qualcosa.
Bisogna educare al della res pubblica che è “di tutti” e non “di nessuno”, ma bisogna anche punire le violazioni della legge. E per punire bisogna elevare la sanzione. E per elevare la sanzione bisogna trovarcisi nel luogo dove la violazione è commessa. Ecco il punto: dove sono le istituzioni? Dov’è il presidio del territorio? C’entra forse il fatto che in quelle aree non ci siano interessi economici privati “di interesse pubblico”: leggasi grandi speculazioni edilizie? Che non sia stata istituita una riserva ad hoc dove piazzare i passati o futuri potenziali elettori? Come si può credibilmente affermare di voler promuovere il turismo senza garantire i servizi minimi essenziali, ovvero, almeno, la preservazione dell’integrità del patrimonio artistico ambientale di maggiore pregio della nostra Isola?
Alessandro Collura
Da: www.siciliainformazioni.com