AGRIGENTO. Il presidente D’Orsi tra intimidazioni, polemiche e indifferenza
Le sedie quasi tutte vuote della sala consiliare del Comune di Ribera in occasione del consiglio straordinario di solidarietà al presidente della Provincia di Agrigento, Eugenio D’Orsi, colpito da una raffica di intimidazioni, sembrano rappresentare l’immagine plastica dello stato d’animo che in questi giorni esprime con veemenza il capo della Giunta provinciale: “Sono stato lasciato solo da cittadini, parlamentari, ministri”.
Nonostante lo sfogo mattutino del presidente nella conferenza stampa di Agrigento – a parte l’onorevole Giuseppe Ruvolo e il deputato regionale Salvatore Cascio – nessun altro tra deputati, senatori e ministri agrigentini si è recato a Ribera ad esprimere la vicinanza del territorio al presidente nel mirino della malavita, seppur il venerdì sia solitamente un giorno meno gravato da impegni parlamentari. Nessuno di loro ha sentito il grido d’allarme del presidente D’Orsi.
C’erano i consiglieri comunali riberesi, la giunta e il sindaco Carmelo Pace. Qualche amministratore dei paesi vicini, qualche consigliere provinciale, qualcuno di quelli che è andato a fare il discorso e poi se ne è andato per improrogabili impegni. Qualcun altro ha mandato un telegramma. Presenti i carabinieri, con il tenente Alessandro Vergine, e il corpo forestale, con il maresciallo Maria Spataro. Completamente assente la cittadinanza.
Tutto è sembrato tranne che un vero momento di riflessione collettiva, di presa d’atto di una grave situazione. Una seduta straordinaria apparsa come una delle classiche riunioni tra pochi, con qualche intervento di circostanza e qualche polemica a distanza.
Il consiglio comunale straordinario convocato nella città delle arance, dove peraltro il presidente D’Orsi ha ottenuto la più alta percentuale di voti in provincia sfiorando l’80%, poteva essere certo l’occasione utile per stringersi davvero attorno al presidente ma così non è stato.
Allora ecco la questione sollevata dal presidente D’Orsi: “Non serve solidarietà se non ci si impegna a voltare pagina. Occorre superare l’indifferenza che regna in questa provincia. Questo territorio ha bisogno di segnali forti, di respirare legalità, di respirare onestà, di respirare tutte quelle sensazioni che consentono alle persone che lavorano con onestà e trasparenza di non camminare con la scorta. Io desidero – ha aggiunto D’Orsi – polso forte ed una perentoria condanna che non si fermi solo nel territorio ma che giunga a Roma”.
Domani ci sarà il Consiglio provinciale straordinario sull’”Emergenza criminalità ed atti intimidatori contro la Provincia di Agrigento”. Dovrebbe esserci più partecipazione. Il clima politico è incandescente. Sia per il fuoco della criminalità agrigentina, che come ha bruciato la casa del presidente D’Orsi potrebbe continuare a divampare ai danni di decine di politici, amministratori, imprenditori, commercianti, sindacalisti, giornalisti in questa terra assai difficile, complicata e pericolosa. Dove nonostante le decine di arresti che negli ultimi anni stanno fortemente indebolendo la Cosa nostra militare agrigentina talvolta svelandone le collusioni con politici e imprenditori, ancora veramente poco è stato fatto dal punto di vista politico e culturale, tanto da essere ritenuta la “provincia più mafiosa d’Italia”.
E in una terra che ha la mafia nel dna, una mafia che si nutre anche di riti e simboli, certo non portano benefici al territorio il fuoco delle polemiche politiche di questi giorni, i termini usati in un dibattito politico sempre più aspro e pieno di livore in un momento in cui c’è invece più che mai la necessità di dare segnali di rasserenamento degli animi come presupposto per creare le condizioni di un confronto sereno che porti all’impegno di tutti per lo sviluppo economico del territorio per il bene della collettività al di là degli interessi personali e politici di ognuno.
E in questa misteriosa provincia ci sarebbe forse bisogno anche di dare un po’ più di senso alle parole, alle metafore, ai segni utilizzati per esprimere le proprie ragioni. Perché quella di Agrigento è una provincia tradizionalmente tanto strana quanto bella, nella quale gravi fatti continuano ad accadere come se nulla fosse. Ma di tutto questo, forse, prima di dover chiedere spiegazioni a Roma farebbe bene a prenderne coscienza e ad agire di conseguenza soprattutto la classe politica agrigentina. Meglio tardi, che mai.
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