Poesia di Giuseppina Mira dedicata alle vittime del terremoto del Belìce

La poetessa Giuseppina Mira, di Siculiana, ha recitato ieri a Montevago una sua poesia scritta in ricordo delle vittime del terremoto del Belìce in occasione del 50° anniversario. Una poesia toccante che ieri ha commosso non poco i presenti all’iniziativa di commemorazione che si è svolta tra i ruderi della vecchia Montevago.

NEL CINQUANTENARIO DEL TERREMOTO NELLA VALLE DEL BELICEIN RICORDO DELLEVITTIME

E FU INCUBO

Si sognava.

Si correva sui prati azzurri dei pensieri.

Come sempre si attendeva il nuovo giorno

con la voglia d’immergersi

nei sorrisi delleculle, dellefinestre, delle porte,

nell’armonia della famiglia, del lavoro, delle parole di ogni giorno,

nella fragranza di un incontro, di una stretta di mano, di un abbraccio.

Si sognava.

Era notte, ma continuò ad essere notte.

E fu incubo.

Case inghiottite dal baratro. Vite travolte dal buio.

Speranze ridotte a macerie, lamenti, singhiozzi.

Il terremoto come un mostro si sfamava di polvere.

La polvere delle certezze, dei desideri, dei sogni.

Il respiro dell’aurora soffocato dalla notte,

il silenzio rotto da un rumore sordo alle preghiere.

Dalle prigioni sotterranee si alzarono gemiti che strinsero il cuore

e si scavò per liberare i prigionieri

purecon le mani sino a lacerare lapelle.

Vennero da ogni parte e su chi restò intrappolato

la tenebra chiuse i cancelli.

Nude le piazze senza più il vestito della vita,

nude le strade, le case, nude coi brividi addosso.

Tutto era assurdo.

E venne di nuovo il terremoto

un altro, un altro ancora, interminabile,

che sbarrò il passo alla Storia dei Paesi del Belice.

Ma la gente lottò e continua a lottare.

Non vuole la propria Identità ridotta a detriti, cocci, frammenti.

Non vuole la propria Identità ridotta a freddo silenzio.
L’Identità è l’essenza della vita.

Giuseppina Mira