Mafia, ucciso 40 anni fa il giornalista Mario Francese: iniziative di commemorazione tra Palermo e Siracusa
Quarant’anni fa Mario Francese, cronista del Giornale di Sicilia, fu ucciso dalla mafia. Giornalista lucido, scrupoloso e profetico, fu assassinato con tre proiettili in una fredda serata. L’Ordine dei Giornalisti di Sicilia ne tiene viva la memoria con una serie di iniziative partite già ieri mattina, quando Francese è stato ricordato dagli studenti della scuola media Antonino Pecoraro che hanno dato vita a una catena umana proprio in piazza Mario Francese, attorno alla targa a lui dedicata. Gli studenti hanno esibito dei cartelli con la scritta “Per Mario” e altri manifesti con l’hashtag “Io sto con Borrometi”, esprimendo vicinanza al giornalista siciliano in questi giorni vittima di minacce. Una commemorazione che coincide con la ventiduesima edizione del premio di giornalismo “Mario e Giuseppe Francese”: i vincitori di quest’anno sono Lucia Goracci, Paolo Borrometi e, alla memoria, Alessandro Bozzo. Lucia Goracci, dopo anni da inviata per RaiNews sui fronti più caldi del pianeta è, dal 2017, corrispondente della Rai dalla Turchia: per lei il riconoscimento intitolato ai Francese arriva dopo i premi intitolati a Ilaria Alpi (2011), Luigi Barzini (2012) e Maria Grazia Cutuli (2013). A Lucia Goracci andrà il premio “Mario Francese”.
Ecco un articolo di Paolo Borrometi sulla storia di Mario Francese pubblicato oggi sul sito dell’agenzia Agi:
“Mario Francese è morto perché ha detto ciò che non doveva dire, secondo l’ordine stabilito da Cosa nostra, e ha scritto ciò che per i mafiosi non doveva essere scritto e portato alla coscienza di tutti”. Quaranta anni dopo l’omicidio di Mario Francese, avvenuto la sera del 26 gennaio 1979, per comprendere le motivazioni che spinsero i killer a fare fuoco sul giornalista siciliano, basta rileggere queste parole che costituiscono uno dei passaggi più salienti della requisitoria di Laura Vaccaro, la Pm del processo che, soltanto anni dopo e grazie alla testardaggine dei figli Giulio e Giuseppe, portò alle condanne a 30 anni per tutti gli imputati.
Mandanti ed esecutori
Negli anni Duemila fu tutta la cupola a finire a giudizio, da Salvatore Riina a Francesco Madonia, passando per Michele Greco, Antonino Geraci, Giuseppe Farinella, Matteo Motisi, Pippo Calò e imputati per essere stati i mandanti Leoluca Bagarella e Giuseppe Madonia. Quella sera di quarant’anni fa Mario Francese aveva finito la sua giornata alla redazione del “Giornale di Sicilia”. Giunto sotto casa era appena sceso dall’auto quando il killer di cosa nostra, Leoluca Bagarella, gli sparò con una calibro 38 alle spalle. Da quel giorno, e prima delle condanne dell’11 aprile 2001, in pochi rimasero accanto alla famiglia Francese. Per anni si disse: “La mafia non c’entra nulla”.
La lotta dei figli per la verità
La storia di Mario Francese era stata relegata all’oblio e nemmeno le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo – che raccontò ai magistrati che era stato assassinato da Cosa Nostra perché dava fastidio con i suoi articoli – erano sufficienti per aprire il caso. Serviva qualcosa di più. E quel “qualcosa in più” arrivò con la determinazione e l’impegno dei figli. Giuseppe Francese, il figlio più piccolo di Mario, si rimboccò le maniche e iniziò a ricostruire l’attività del padre attraverso i suoi articoli. Il suo obbiettivo era di trovare dei collegamenti tra gli appalti della diga Garcia, l’omicidio Russo e gli attentati al caporedattore e direttore del giornale di quel tempo. Nel quarantesimo anniversario dalla morte di Mario Francese è giusto ricordare anche Giuseppe che, subito dopo le condanne dell’intera Cupola per l’omicidio del padre, decise di aver esaurito il suo compito su questa Terra e pose fine alle al dolore iniziato la sera di quando era bambino, con il rumore di colpi sparati sotto casa.