Pensioni: un milione quelle erogate in Sicilia nel 2018, sono le più basse d’Italia

In Sicilia nel 2018 sono 1.027.170 le pensioni attualmente vigenti tra settore pubblico e privato. E’ quanto emerge dal Bilancio sociale Inps Sicilia 2018 presentato stamane a Palazzo dei Normanni, a Palermo, dal presidente del Comitato di Indirizzo e Vigilanza Inps nazionale, Guglielmo Loy, e dal direttore regionale Sergio Saltalamacchia. In Sicilia, nel quadriennio 2015-2016, il numero di pensioni dei rispettivi fondi della gestione privata e’ in linea con il trend dell’ultimo decennio, con un calo di ben 36.733 trattamenti. Piu’ nel dettaglio, il 56% e’ rappresentato da quelle di vecchiaia-anzianita’, il 33% da quelle ai superstiti e soltanto l’11% dalle pensioni di invalidita’. Dai dati, traspare una diminuzione delle pensioni di invalidita’ e inabilita’ (-16.794 rispetto al 2015), seguite da quelle di vecchiaia e anzianita’ (-13.694) e, infine, dei trattamenti liquidati a favore dei superstiti di assicurati e pensionati (-6.245).

Il numero maggiore di trattamenti pensionistici e’ nelle tre province piu’ grandi (Palermo, Catania e Messina), che insieme rappresentano il 57,4% delle pensioni vigenti nell’Isola. Sempre nell’ambito della gestione privata lo studio evidenzia coma Sicilia sia la Regione d’Italia con il minore numero di pensioni previdenziali per residente (171 pensioni ogni mille residenti), preceduta dal Lazio con 179 pensioni e dalla Campania con 180 pensioni. Rispetto alla media del Paese l’Isola ha l’importo medio pensionistico piu’ basso riguardo le pensioni di invalidita’ (641,22 euro contro i 705,95 del dato nazionale), mentre sul fronte dei trattamenti di vecchiaia e ai superstiti si attesta al penultimo posto. Per quando riguarda invece la gestione pubblica al 31 dicembre 2018, sono 241.956 le pensioni ancora vigenti. Di queste ben il 68% e’ rappresentato da pensioni di vecchiaia/anzianita’, il 24% da quelle ai superstiti e l’8% dalle pensioni di invalidita’. Anche nella gestione pubblica Palermo, Catania e Messina detengono la maggioranza delle pensioni vigenti in Sicilia (circa il 60 per cento).

A differenza delle gestione privata, pero’, l’Isola, rispetto alle altre aree geografiche d’Italia, presenta l’importo medio piu’ basso nella categoria vecchiaia e superstite, mentre nelle altre tipologie l’importo e’ superiore. In particolare, per quelle di anzianita’ l’importo medio e’ pari a quello dell’area Sud (2.248,43 euro rispetto a 2.248,89 euro), che risulta il piu’ alto a livello nazionale. Nell’Isola ci sono circa un milione di lavoratori tra dipendenti, co.co.pro., artigiani, commercianti, lavoratori agricoli, e circa 2 milioni di percettori di prestazioni. Dei quali un milione percepiscono prestazioni pensionistiche e il resto e’ tutta assistenza. A fronte di questi, ci sono circa 500 mila percettori tra invalidita’ civile e assegni sociali, e poi una quota importantissima di prestazioni di disoccupazione, circa 250 mila. E ancora, si assiste a una crescita forte con il passaggio dal Rei a Rdc che arriva fino a quasi altri 500 mila percettori.

A tracciare una fotografia del Bilancio sociale Inps in Sicilia nel 2018, presentato stamane a Palazzo dei Normanni, a Palermo, e’ il direttore regionale, Sergio Saltalamacchia. Dati che appaiono come “preoccupanti”, soprattutto se confrontati con gli anni precedenti. “Il periodo migliore per la regione e’ stato il 2016 – spiega il direttore regionale dell’Inps – con una crescita del lavoro dipendente e dell’auto imprenditorialita’, soprattutto nel settore dei servizi”. Ma gia’ nel 2017 questo percorso si e’ affievolito, e nel 2018 si e’ arrestato sul fronte dei lavoratori dipendenti con 50 mila dipendenti in meno. “Questo ci preoccupa – mette in guardia Saltalamacchia – e un altro dato preoccupante e’ relativo alla gestione dei commercianti: mentre prima compensavano la diminuzione degli artigiani oggi vediamo un ulteriore diminuzione”. Anche il settore privato “non va bene con un dato in leggera diminuzione. Se prima c’erano circa 600 mila dipendenti oro sono 550mila, un calo di quasi il 10 per cento. Se nel settore pubblico il calo e’ causato dal mancato rinnovamento del turn over – conclude – nel privato testimonia un’economia che non funziona”. (AGI)