Omicidio a Lucca Sicula: disposta autopsia, movente personale o mafioso? Indagano i carabinieri
La Procura della Repubblica di Sciacca ha disposto l’autopsia sul corpo di Vincenzo Corvo, l’agricoltore di 52enne di Lucca Sicula, ucciso venerdì scorso con un colpo di fucile alla gola. L’uomo, a quanto pare, qualche tempo fa, avrebbe subito danneggiamenti alle sue proprietà terriere che avrebbe regolarmente denunciato. Questa è una delle poche indiscrezioni che filtra dallo stretto riserbo investigativo.
L’assassinio è stato commesso in pieno giorno in contrada Villanova, poco dopo che l’uomo – sposato e padre di due figli – era uscito da casa. Sono stati gli stessi familiari ad avvisare i carabinieri subito arrivati in quella zona, non molto distante dal campo sportivo. Corvo, che fino a qualche mese fa gestiva un negozio, da qualche tempo si dedicava solo all’attività agricola. Non ci sarebbero testimoni del delitto. Le indagini sono coordinate dal procuratore della Repubblica di Sciacca, Roberta Buzzolani, con i sostituti Michele Marrone e Roberta Griffo. Sarebbero già state sentite diverse persone. Dall’autopsia potrebbero emergere nuovi particolari sulle modalità d’esecuzione.
Nulla si sa ancora sul movente dell’omicidio: personale o mafioso? A quest’interrogativo cercheranno di rispondere gli inquirenti. Ufficialmente incensurato, Corvo, diversi anni fa, riuscì ad evitare di un soffio l’arresto per mafia. Gli inquirenti della Dda di Palermo ne avevano chiesto la cattura nell’ambito della maxi operazione antimafia “Maginot” che nel 2011 fece terra bruciata intorno al boss numero 1 di Cosa Nostra agrigentina, Giuseppe Falsone, catturato pochi mesi prima dopo una lunga latitanza a Marsiglia. Sul conto di Vincenzo Gaspare Corvo furono raccolti elementi indiziari consistenti da un lato nelle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Calogero Rizzuto e dall’altro, dagli esiti dell’attività di intercettazione disposte nei suoi confronti, nonché nei confronti di altri soggetti indagati nello stesso procedimento penale nell’ambito delle indagini finalizzate alla ricerca dell’allora latitante Giuseppe Falsone. “Vincenzo Corvo, unitamente al padre, Benedetto, fu oggetto di specifica attività di indagine finalizzata alla cattura dell’allora latitante Giuseppe Falsone; in particolare, nei loro confronti si è proceduto a svolgere attività di indagine originata dai contatti che i Corvo avevano stabilito con un altro soggetto già indagato nell’ambito delle medesime indagini.
Ciò che determinava ancor di più l’esigenza di procedere a nuove indagini nei riguardi dei due Corvo era il contenuto di un pizzino rinvenuto nel giugno 2008, all’interno di un’abitazione rurale sita in agro di Palazzo Adriano (Pa) utilizzata da Falsone quale covo e luogo di ripetuti incontri con il collaboratore di giustizia Giuseppe Sardino colà accompagnatovi da Salvatore Imbornone detto “Totò u russu”; questi è nipote acquisito di Benedetto Corvo, già raggiunto da provvedimento restrittivo della libertà personale (nell’operazione Scacco matto del luglio 2008) per avere fatto parte di Cosa nostra agrigentina in qualità di rappresentante del mandamento mafioso di Lucca Sicula. Ci si riferisce ad un “pizzino” costituito da un foglietto di block notes che recava manoscritta, tra le altre cose, la frase “Benedetto – X L. Sicula”. Le conclusioni del pm furono le seguenti: “Le dichiarazioni di Rizzuto risultano riscontrate dal ritrovamento del pizzino sopra riportato che indica in tale Benedetto di Lucca Sicula (da identificare in Corvo Benedetto, padre dell’odierno indagato) un soggetto in contatto con Falsone Giuseppe all’epoca in cui questi era ancora latitante e presente in Sicilia”. Il gip però rigettò la richiesta di misura cautelare. A distanza di quasi dieci anni il delitto su cui cercheranno di fare luce gli inquirenti.