No dei sindacati alla proposta di flessibilità in uscita formulata dal presidente Inps, Pasquale Tridico. Non piace a Cgil Cisl e Uil, infatti, l’idea di corrispondere la pensione in due tranche; a 62 anni limitatamente alla quota maturata sotto il profilo contributivo e a 67 quella maturata sulla base del calcolo retributivo seppure con l’aggiunta di alcune agevolazioni, come lo ‘sconto’ di 1 anno per ogni figlio per le donne lavoratrici oppure 1 anno in meno ogni 10 anni di lavori usuranti e gravosi. Un’alzata di scudi attesa quella dei sindacati che temono assegni troppo bassi ma che però ‘apprezzano’ il fatto che cominci a farsi largo, anche in ambito istituzionale, l’idea di ragionare su una uscita flessibile a partire dai 62- 63 anni. Ora però è il momento, dicono, di stringere i tempi e far ripartire quel cantiere che l’ex ministro del Lavoro grillino, Nunzia Catalfo, aveva assicurato per rimettere mano al sistema previdenziale. Il governo cerca di stringere i tempi e i sindacati si attendono una convocazione da parte del ministro del lavoro, Andrea Orlando entro metà mese. Auspicio o realtà si vedrà a breve. Di certo è che ieri i leader di Cgil, Cisl e Uil, Landini, Sbarra e Bombardieri, convocati a Palazzo Chigi, assente il premier, non si aspettavano che sul dossier PENSIONI calasse il silenzio del governo: la richiesta di individuare un percorso preciso di impegni, infatti, “è caduta nel vuoto”, nessun tipo di risposta mentre assicurazioni sono state date su altri capitoli, a cominciare dal Recovery. E la critica più dura a Tridico è arrivata dalla Uil. “La proposta Tridico è estemporanea e fuori da ogni realtà. E’ un esercizio di fantasia sulle spalle dei futuri pensionati e sarebbe l’ennesima ingiustizia inflitta ai lavoratori italiani”, ha commentato il segretario confederale Uil, Domenico Proietti per il quale il tema, oggi, è quello di riallineare l’accesso alla pensione in Italia a quello che avviene negli altri paesi della Ue, intorno a 62 anni.
“Invitiamo Tridico a concentrare il suo impegno per il pieno e efficiente funzionamento dell’Inps. Le scelte di come attuare la necessaria flessibilità, ad esaurirsi di Quota 100, sono di competenza del Governo e del Parlamento, dopo il necessario e fondamentale confronto con il sindacato”, conclude. Più dialogante la Cgil. “Non siamo d’accordo con l’introduzione di nessun sistema di penalizzazione nel calcolo dell’importo della pensione. Tanto meno, per questo, ci piace l’ipotesi di spacchettare in due l’assegno come propone il presidente Inps Tridico. Ma apprezziamo che finalmente ci siano più soggetti a immaginare una flessibilità nel pensionamento che parta da 62 anni “, spiega il segretario confederale Cgil, Roberto Ghiselli, conversando con l’Adnkronos. “E’ importante che si avverta l’esigenza di un sistema flessibile di uscita: Per questo occorre costruire un ragionamento con il ministro del Lavoro, Andrea Orlando”, prosegue ribadendo la validità della proposta sindacale. “La nostra richiesta di uscita a partire dai 62 anni – ribadisce Ghiselli – è assolutamente sostenibile da un punto di vista finanziario tanto più ora che ci si rivolge a quelle generazioni le cui PENSIONI saranno calcolate prevalentemente o esclusivamente con il metodo contributivo che non si traduce più in un costo aggiuntivo per lo Stato ma rappresenta solo un diverso modo di distribuire il costo pagato dal lavoratori con i propri contributi”. Anche la Cisl rimette la parola al prossimo incontro con Orlando. “L’idea di una pensione pagata in due rate non ci sembra idonea a rispondere alle esigenze dei lavoratori. Ma la flessibilità per andare in pensione è un’esigenza colta da tutti, anche dallo stesso presidente Inps. Il come sarà costruita questa flessibilità però dovrà essere oggetto di un confronto con il Governo. E’ per questo che siamo fiduciosi sia possibile arrivare presto ad un incontro con il ministro Orlando anche su questo tema”, commenta, conversando con l’Adnkronos, Ignazio Ganga, segretario confederale Cisl chiedendo che il dossier PENSIONI si coordini con quello relativo agli ammortizzatori sociali.
Di parere completamente opposto, invece Giuliano Cazzola. “Bene ha fatto Tridico a ribadire che non possiamo tornare indietro rispetto al modello contributivo. Il sistema previdenziale italiano è stato scolpito da due grandi riforme: la Dini del ’95 e la Fornero nel 2011. È quello il nostro impianto ed è proprio qui dentro che dobbiamo incrementare i livelli di flessibilità, tenendo presente che abbiamo bisogno di equità e sostenibilità”, dice all’Adnkronos. Anche perché, attacca, “non è facile, nel silenzio omertoso del governo, trovare una persona, con un importante incarico, che osi sfidare la fatwa dei sindacati contro la riforma del 2011 e che lasci capire quanto sarebbe sbagliato ”superare” a marcia indietro, come vorrebbero fare i sindacati, non solo la disciplina Fornero, ma tutti gli interventi di riordino degli ultimi dieci anni”. E quanto alla proposta sindacale ribadisce le critiche: “le vostre proposte sono fuori mercato”: si tratta di una “controriforma che peggiora le cose, che supera la disciplina introdotta nel 2011 all’indietro, ovvero buttando nel cestino almeno venti anni di faticose riforme”, conclude. (Adnkronos)