Sanità, Antimafia Ars: sistema terra di mezzo da conquistare

“La sanita’ pubblica, nelle parole di Antonio Candela, sarebbe stata solo ‘un condominio’ (anzi: il suo condominio), un privatissimo business del quale spartirsi quote millesimali, carriere, appalti, profitti: tutto. Non si tratta solo dell’idea malata e isolata d’un personaggio che ha fatto della propria carriera, e di una certa ingiustificata notorieta’, il passepartout per impadronirsi della sanita’ siciliana. In questi vent’anni una parte non irrilevante dei ceti professionali, pubblici e privati, ha avuto lo stesso sguardo avido sulla salute dei siciliani: un bottino di guerra, una terra di mezzo da conquistare, un’occasione per fabbricare vantaggi economici e rendite personali”. E’ quanto si legge nelle conclusioni della commissione regionale Antimafia, presieduta da Claudio Fava, che ha approvato all’unanimita’ la relazione “Inchiesta sulla sanita’ siciliana-le interferenze della politica e gli aspetti corruttivi”, presentata in conferenza stampa a Palazzo dei Normanni.

Undici mesi di lavoro, 52 audizioni tra amministratori, medici, sindacalisti, giornalisti, imprenditori, dirigenti regionali, parlamentari, assessori. Il lavoro della Commissione Antimafia si e’ concentrato piuttosto su due direttrici: la trasparenza (o meno) della spesa sanitaria e dunque l’efficacia dei meccanismi di controllo; la legittimita’ (o meno) delle interferenze della politica nella gestione della sanita’ siciliana. “Ne emerge un quadro a tinte cangianti: accanto a qualita’ e professionalita’ complessive dell’offerta medica – pubblica e privata – in Sicilia, si collocano una serie di episodi non marginali di corruzione, interferenza, arrivismo, manipolazione della pubblica fede – si legge nella relazione – Esemplare e imbarazzante – anche su questo versante – la lunga permanenza, a fianco degli uffici di governo siciliani all’epoca della giunta Crocetta, d’un ‘governo parallelo’, estraneo alle istituzioni regionali, avido ed impunito, che puntava ad orientare scelte, carriere, spesa e profitti. Fino all’epifania giudiziaria dell’inchiesta ‘Sorella sanita” che ci ha mostrato la labilita’ del confine che separa certa supponente antimafia dalla pratica della corruzione”.

Per l’Antimafia “ad intercettare la molestia e l’avidita’ di certi comportamenti e’ intervenuta (quando ha saputo, quando ha voluto) la magistratura. Raramente la politica”. “Poche le denunce, pochissimi gli interventi in autotutela”, si legge nel documento. “E’ il dato piu’ significativo che ci consegnano questi undici mesi di lavoro: un peccato di ignavia, nel piu’ benevolo dei casi; piu’ spesso, una somma di interessati silenzi che hanno messo la nostra sanita’ nelle condizioni di essere costantemente contesa, occupata, maltrattata”, osserva la commissione parlamentare. “E chi ha avuto cuore e liberta’ per denunciare spesso ne ha pagato un prezzo alto in termini di carriera e di isolamento – sottolinea l’Antimafia – C’e’ stato anche un sentimento politico trasversale che ha provato a costruire un argine contro queste consuetudini, cercando di garantire attorno alla spesa sanitaria un onesto sforzo di vigilanza e di trasparenza”. (ANSA)