Le liti erano frequenti e i rapporti tesi. A Raffadali , nell’Agrigentino, più volte i vigili urbani erano intervenuti per separare padre e figlio. “Urla e spintoni”, dice all’Adnkronos il sindaco Silvio Cuffaro, che parla di “una comunità sconvolta” dopo l’omicidio di Vincenzo Gabriele Rampello, il 24enne freddato dal padre Gabriele, poliziotto in servizio a Catania, al culmine dell’ennesima lite. Per soldi. Il padre lo ha raggiunto in piazza Progresso, in pieno centro, a pochi passi dal Municipio. Gli ha consegnato poche decine di euro, ma il ragazzo ne avrebbe chiesti di più. A quel punto gli insulti e l’aggressione ai danni del padre. Fino all’epilogo tragico e inaspettato. L’agente ha estratto la pistola e ha sparato da distanza ravvicinata, prima un colpo alla testa, quando il figlio è finito a terra gli ha scaricato contro l’intero caricatore della pistola di ordinanza. Quindici colpi. Poi si è allontanato. Quando i carabinieri lo hanno raggiunto poco dopo, seduto alla fermata di un bus, l’uomo ha confessato l’omicidio. Un racconto che avrebbe confermato anche davanti al magistrato.
“Tutto potevamo immaginare tranne che un simile epilogo, un padre che in un momento di follia uccide il figlio”, dice il primo cittadino, che Gaetano Rampello lo conosce dall’infanzia. “Siamo coetanei. Lo conosco bene, anche se da un po’ di anni non era più a Raffadali perché vive e lavora a Catania. Una persona tranquilla, di poche parole. Anche sul lavoro era puntuale e corretto”. Il rapporto tra padre e figlio era difficile. Teso. “Avevano avuto degli scontri verbali, c’era stato talvolta qualche spintone, ma niente di più…”. A Raffadali Vincenzo Gabriele lo conoscevano tutti. “Era un introverso, un po’ turbolento. Aveva avuto un’infanzia difficile anche a causa della separazione dei genitori. Per tanti anni era stato ricoverato in una comunità per minori con disagio psicofisico”. Raggiunta la maggiore età e uscito dal centro era andato a vivere da solo. Proprio a Raffadali, in un appartamento vicino a quello dello zio materno, un vigile urbano in servizio in città. “Gli ha fatto da padre e da madre, gli dava una mano ogni tanto, ma spesso anche lui non riusciva a tenerlo a bada”. Vincenzo Gabriele era appassionato di tecnologia.
“Cambiava spesso cellulare, non badava a spese da questo punto di vista”, ricordano a Raffadali. E il padre in paese veniva a consegnargli il denaro necessario per vivere. “Oggi ha avuto un momento di pazzia, non si può spiegare in altro modo”, ripete il primo cittadino, sottolineando come per aiutare il 24enne anche i servizi sociali e il comune avessero tentato di coinvolgerlo in “piccoli lavoretti” sulla base di progetti elaborati dall’Amministrazione e rivolti a soggetti in stato di disagio. “Non è stato possibile convincerlo. Era molto diffidente quando vedeva gli assistenti sociali del Comune, forse perché ricordava il suo passato e il ricovero, perdeva le staffe. In quei casi, però, bastava l’intervento del comandante dei vigili urbani per calmarlo: aveva un certo timore reverenziale per gli uomini in divisa. Tutto si chiudeva lì”. Atteggiamenti turbolenti che risalirebbero nel tempo. Ci sarebbe, infatti, una relazione redatta dai docenti e dal dirigente scolastico della scuola che frequentava in cui si parlerebbe di un atteggiamento persecutorio nei confronti di altri compagni di classe. “Da lì si è arrivati con gli assistenti sociali e i medici alla decisione di ricoverarlo in una struttura adeguata – conclude il sindaco -. Siamo davvero sconvolti”. (Adnkronos)