Mafia, la Rai ‘celebra’ don Tito Zappia l’amico del clan Rizzuto: vittima di malagiustizia

La sua è una storia sconvolgente. La sua vita oggi è cambiata, certamente non sarà più quella di prima. Non ci sono risarcimenti che tengano, ma per fortuna può contare sulla sua famiglia e sulla solidarietà di tanti italiani“. Così la conduttrice Rai Francesca Fialdini “celebra” come vittima della mala giustizia sulla tv di Stato, davanti a milioni di telespettatori, “l’amico” della famiglia mafiosa dei Rizzuto, Beniamino Gioiello Zappia, alias “don Tito”, nato a Taranto ma cresciuto a Cattolica Eraclea (Agrigento), considerato per anni dalla Dia affiliato all’organizzazione mafiosa internazionale, accusato di essere il luogotenente del clan italo-canadese in Italia ma poi assolto perché il fatto non sussiste al processo Orso Bruno, ma destinatario di misure di prevenzione patrimoniali antimafia che hanno portato al sequestro di importanti di beni tra cui opere d’arte di Guttuso, De Chirico, Dalì e Sironi.

zapialiberosddd La “merce” come la chiama lui in tv, già indagato per traffico internazionale di stupefacenti e riciclaggio proprio per conto del clan Rizzuto, già all’attenzione negli anni ’80, insieme al clan Caruana-Cuntrera di Siculiana, della famosa inchiesta Pizza Connection condotta dal magistrato Giovanni Falcone. In quel caso “don Tito” fu condannato dal tribunale di Palermo a 8 anni nel 1995 e poi fu assolto in appello nel 1998. Per il pallino delle opere d’arte Zappia sarebbe stato anche denunciato nel novembre 2013, come riportato da diversi organi di informazione, per truffa e tentata estorsione.

Nick e Vito Rizzuto
Nick e Vito Rizzuto

Ma è da molto tempo che “don Tito” intrattiene legami strettissimi privati e pubblici, ostentati e documentati da informative, inchieste e processi con i Rizzuto e il loro mondo facendo la spola tra Milano, la Svizzera, Cattolica Eraclea e Montrèal, in Canada. Emergono dall’inchiesta antimafia “Minoa” anche contatti con il boss cattolicese Domenico Terrasi, che sta scontando la pena definitiva per mafia dopo quella già rimediata al processo Akragas. Adesso Zappia – Beniamino Gioiello e non Giuseppe – compare a Uno Mattina, il programma condotto da Franco Di Mare e Francesca Fialdini su Rai 1, intervistato come una star: due giornalisti e lui sulla poltrona in doppio petto che accusa a ruota libera la Dia. Il maxi schermo che titola a caratteri cubitali: “Innocente”.

Così viene annunciata l’intervista. “Una storia di malagiustizia italiana: Beniamino, a causa del suo cognome, è stato erroneamente scambiato per un mafioso e condannato al carcere duro”. Ha chiesto un risarcimento dicendosi vittima di un errore giudiziario, un caso di omonimia, con Giuseppe Zappia, anche lui legato al clan mafioso originario di Cattolica Eraclea, ma quello è un altro personaggio, un altro nome legato al ponte sullo Stretto e all’operazione Brooklyn, quella è un’altra storia, che ha sempre a che fare col clan Rizzuto che dopo anni di incontrastato dominio è praticamente scomparso annientato col fuoco dai rivali che hanno fatto fuori uno a uno, tra il 2009 e il 2011, quasi tutti gli uomini della famiglia: Nick Rizzuto Junior, Nick Senior, Paolo Renda, Agostino Cuntrera e altri amici della cricca che aveva fatto il bello e il cattivo tempo a Montrèal tra pizzo, appalti e droga. Vito Rizzuto, il capo, è morto di malattia 23 dicembre 2013 dopo essere uscito dal carcere.

Tutte vecchie conoscenze di Zappia, il cui nome viene fuori nel 2009 tra le carte dell’operazione Colosseo delle Giubbe Rosse canadesi, ma lui non c’entra nulla con la mafia. Il messaggio arriva in diretta tv nella puntata di Uno Mattina del 10 marzo 2015, così sintetizza la storia di Zappia il giornalista Franco Di Mare: “Insomma la sua colpa era quella di essere originario di Cattolica Eraclea e di frequentare qualcuno che era in odore di… a sua insaputa ovviamente”. E lui risponde: “Sono cresciuto a Cattolica Eraclea e ho conosciuto questi signori… in paese”. (continua)

LA REPLICA E LE PRECISAZIONI DI ZAPPIA