Aggrappata al salvagente per ore, salvata dai pescatori

Sola nell’acqua gelida del canale di Sicilia, aggrappata ad un salvagente, ha vissuto ore d’angoscia dopo esser caduta dall’ennesimo barchino carico di disperati che tentano di attraversare il Mediterraneo: è in condizioni di grave ipotermia, sotto choc e non parla la donna salvata miracolosamente la scorsa notte a sud di Lampedusa da un peschereccio tunisino. E la sua storia fa tornare immediatamente alla mente quella di Josephine, la camerunense che a luglio del 2018 rimase due giorni in mare aggrappata ad un pezzo di legno, con accanto il cadavere di un’altra donna e di un bimbo di 5 anni, dopo che il gommone su cui viaggiava è naufragato. A salvarla furono i volontari di Open Arms e la foto che immortala l’orrore nei suoi occhi ha fatto il giro del mondo: “quando le ho preso le spalle per girarla ho sperato con tutto il mio cuore che fosse ancora viva – raccontò Javier Figuera, il soccorritore 25enne che la tirò fuori dall’acqua – Lei, dopo avermi preso il braccio, non smetteva di toccarmi e di aggrapparsi a me”. La donna è stata trasferita, con elisoccorso del 118, dal Poliambulatorio di Lampedusa all’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento dopo essere stata trovata in acqua, con indosso un salvagente.

A chiedere aiuto, ieri, e a fare scattare i soccorsi erano stati dei pescatori tunisini che, dopo aver tratto in salvo la giovane, avevano chiamato la Capitaneria di porto che ha recuperato la naufraga e l’ha portata a molo Favarolo a Lampedusa. La Procura di Agrigento, con il reggente Salvatore Vella, attende che la giovane sia in condizioni di poter parlare per fare in modo che venga sentita da polizia e dal mediatore culturale, e ricostruisca cosa effettivamente le sia accaduto. La donna dovrebbe essere caduta, e il salvagente le è stato lanciato per salvarla, da uno dei barchini che viaggiavano con destinazione Lampedusa. Forse quello con a bordo 39 persone arrivato sulla più grande delle isole Pelagie, dopo essere stato soccorso dalla Cp319 della Capitaneria, alle ore 18,25 di venerdì. I 39 migranti, originari di Costa d’Avorio, Gambia, Guinea, Tunisia, Bangladesh e Pakistan, hanno, fra l’altro, riferito ai soccorritori d’aver visto, mentre erano in navigazione, le salme di due uomini in mare. Intanto, a Lampedusa, non si fermano gli sbarchi: durante la notte sono stati soccorsi 3 barchini con 110 persone a bordo, fra cui anche donne e minori.

Nel pomeriggio, ne sono stati salvati altri 32. E fra loro anche un neonato che avrebbe viaggiato, da Sfax, insieme allo zio. Una donna, disidrata e infreddolita, è stata portata, in via precauzionale, al poliambulatorio dell’isola. Il team di Medici senza frontiere sta, fra i padiglioni dell’hotspot di contrada Imbriacola, cercando di aiutare, e dare supporto psicologico, ai 42 migranti che erano sul barchino, assieme ad 8 cadaveri, soccorso giovedì sera. Fra loro, c’è anche il padre del neonato di 4 mesi, nonché marito della donna che è morta durante il viaggio e il bambino scivolandole dalle braccia è finito in mare. I 42 sopravvissuti (fra cui 10 donne e un minore), originari di Mali, Costa d’Avorio, Guinea, Camerun, Burkina Faso e Niger, vengono supportati dal punto di vista psicologico. Gli 8 compagni di viaggio, in attesa che venga effettuata l’autopsia già disposta della Procura di Agrigento, sarebbero morti per il freddo e la fame. (ANSA)