Mafia, il generale Dalla Chiesa ricordato a Palermo a 33 anni dal delitto
A trentatrè anni da quella sera del 3 settembre 1982, Palermo ha ricordato oggi il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. In onore al generale, ucciso insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo, è stata deposta una corona di fiori davanti alla lapide di via Isidoro Carini, luogo dell eccidio. Alla commemorazione hanno preso parte, oltre alle figlie di Dalla Chiesa, Rita e Simona, anche il ministro dell Interno Angelino Alfano, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e il prefetto Francesca Cannizzo.
“E’ un giorno che ricorda un grande uomo, un grande carabiniere e un grande prefetto – ha detto Alfano -, che fu punito non per le cose che aveva già fatto a Palermo, ma per quanto avrebbe fatto. E’ stato un omicidio quasi a prevenire l azione di bonifica che il generale avrebbe fatto. Pensate a quanti anni ci avrebbe risparmiato Dalla Chiesa per il riscatto della Sicilia se lo avessero fatto lavorare”.
“Il 3 settembre del 1982 il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie, Emanuela Setti Carraro e l’agente della Polizia di Stato, Domenico Russo, furono trucidati per mano mafiosa. Il tempo non potra’ mai cancellare il ricordo del turbamento unanime suscitato da quell’evento”. Cosi’ la presidente della Camera Laura Boldrini nel messaggio per il 33esimo anniversario della morte del generale Dalla Chiesa. “Il generale Dalla Chiesa – prosegue Boldrini – fu uno dei primi a comprendere pienamente la necessita’ di combattere la mafia in modo globale, affiancando all’azione investigativa e repressiva una capillare azione culturale. Cio’ lo porto’ nelle scuole e nei luoghi di lavoro a parlare di legalita’ e di onesta’, di senso dello Stato e di lealta’ verso le Istituzioni: era un modo per comunicare con la Sicilia piu’ illuminata e sensibile, per convincerla che un nuovo modello civile e culturale, distante dalla logica dell’omerta’ e della rassegnazione, fosse non soltanto auspicabile ma anche possibile.
”L’assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, di sua moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di polizia Domenico Russo, segnò uno dei momenti più tragici della lunga e sanguinosa battaglia delle istituzioni democratiche contro Cosa Nostra”. Lo ha dichiarato Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare Antimafia “A distanza di 33 anni – ha aggiunto – la memoria di quella terribile esecuzione mafiosa serva ad onorare la figura di un grande italiano, integerrimo e leale servitore dello Stato, che dopo aver combattuto con successo il terrorismo negli anni di piombo, aveva scelto di affrontare la sfida dei poteri mafiosi consapevole dei rischi che correva andando a Palermo e misurando ben presto isolamento e incomprensioni”. “Dalla Chiesa aveva capito che la lotta alle mafie non poteva limitarsi a reprimere la forza militare delle cosche ma doveva indagare e colpire le collusioni e la zona grigia degli interessi politici ed economici che ne consentivano l’ascesa. Ma soprattutto si era speso per il risveglio delle coscienze, per promuovere una capillare ribellione morale alla cultura dell’omertà e della rassegnazione. Il suo esempio di rigore e dedizione, la sua intelligenza investigativa, la sua passione democratica sono ancora oggi una preziosa eredità a cui attingere per ripensare e rilanciare il nostro impegno contro tutte le mafie”, ha concluso Bindi.