Mafia nell’Agrigentino, al via requisitoria del processo Icaro relativo al troncone abbreviato
Ha preso il via ieri e sarà articolata in altre quattro udienze la requisitoria dei pubblici ministeri della Dda Bruno Brucoli e Claudio Camilleri al processo – relativo al troncone abbreviato con ventidue imputati – scaturito dall’operazione antimafia “Icaro”. I magistrati hanno iniziato il loro intervento, come riporta il Giornale di Sicilia oggi in edicola, illustrando gli aspetti dell’inchiesta che hanno ricostruito la cosca mafiosa di Montallegro. Si torna in aula il 2 febbraio per la prosecuzione della requisitoria che continuerà il 16 febbraio, il 2 marzo e si concluderà il 16 marzo.
Inizialmente gli imputati comparsi davanti al Gup erano trentaquattro: Antonino Abate, 29 anni, Tommaso Baroncelli, 40 anni, Domenico Bavetta, 34 anni, Carmelo Bruno, 47 anni, Vito Campisi, 45 anni, Giovanni Campo, 25 anni, Pietro Campo, 63 anni, Francesco Capizzi, 50 anni, Mauro Capizzi, 47 anni, Roberto Carobene, 38 anni, Gioacchino Cimino, 61 anni, Domenico Cucina, 48 anni, Rocco D’Aloisio, 46 anni, Diego Grassadonia, 54 anni, Antonino Grimaldi, 55 anni, Piero Guzzardo, 37 anni, Antonino Iacono, 61 anni, Gioacchino Iacono, 36 anni, Santo Interrante, 34 anni, Giacomo La Sala, 47 anni, Giuseppe Lo Pilato, 44 anni, Leonardo Marrella, 38 anni, Stefano Marrella, 59 anni, Vincenzo Marrella, 41 anni, Vincenzo Marrella, 60 anni, Francesco Messina, 58 anni, Francesco Pavia, 35 anni, Giuseppe Picillo, 53 anni, Emanuele Riggio, 45 anni, Pasquale Schembri, 53 anni, Gaspare Nilo Secolonovo, 47 anni, Francesco Tarantino, 29 anni, Ciro Tornatore, 80 anni, e Francesco Tortorici, 36 anni.
In tredici (Bavetta, Giovanni Campo, Mauro Capizzi, Cucina, D’Aloisio, Guzzardo, Interrante, Leonardo Marrella, Pavia, Picillo, Riggio, Schembri e Secolonovo) avevano da subito scelto il giudizio abbreviato. In un secondo momento si sono aggiunti: Baroncelli, Pietro Campo, Francesco Capizzi (ammessi due testi come “condizione”), Antonino Iacono, Gioacchino Iacono, La Sala, Lo Pilato, Messina e Tarantino (anche per lui ammessi due testi). Dunque in tutto sono 22 gli imputati che verranno giudicati con il rito abbreviato. Gli altri sono stati tutti rinviati a giudizio e il dibattimento è già cominciato davanti ai giudici della prima sezione penale presieduta da Giuseppe Melisenda Giambertoni.
Gli imputati sono di Santa Margherita di Belice, Montevago, Ribera, Cattolica Eraclea, Cianciana, Montallegro, Porto Empedocle, Agrigento, Favara. L’indagine, svolta dalla Squadra mobile, ha disarticolato il nuovo organigramma mafioso di un’ampia zona della provincia di Agrigento. A partire da quella del capoluogo che sarebbe stata gestita da una vecchia conoscenza della mafia agrigentina. Il nuovo capo, secondo le accuse, sarebbe stato Antonino Iacono, 61 anni, detto da sempre “u giardinisi”, perché residente a Giardina Gallotti, che dopo avere scontato una condanna a 8 anni nel processo Akragas avrebbe continuato la sua scalata fino a diventare il capo (non senza qualche contrasto) della cosca del capoluogo.
La consorteria di Porto Empedocle, invece, sarebbe stata affidata a Francesco Messina, 58 anni, appartenente alla storica famiglia mafiosa che per tanti anni ha diretto Cosa Nostra. Gerlandino Messina, figlio di un cugino di Francesco, in particolare è stato l’ultimo superlatitante, arrestato il 23 ottobre del 2010 quando era arrivato al vertice di Cosa Nostra provinciale. L’indagine è stata diretta dai pubblici ministeri della Dda Rita Fulantelli, Emanuele Ravaglioli, Claudio Camilleri e Bruno Brucoli, coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Scalia. Le accuse ipotizzate sono: associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, detenzione illegale di armi e detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. L’inchiesta delineava la nuova geografia mafiosa della provincia di Agrigento alla luce degli ultimi sviluppi giudiziari che hanno determinato dei vuoti di potere da riempire. L’operazione è scattata in più fasi perché il Gip Giangaspare Camerini, in un primo momento, non ha accolto tutte le richieste del pm e ha rigettato diversi arresti. Il Tribunale del riesame prima e la Cassazione poi hanno, invece, fatto salire a oltre una ventina le misure cautelari.