Mafia, il boss Totò Riina in coma: è in fin di vita

La moglie e la figlia sono a Parma e potranno vederlo, probabilmente per l’ultima volta. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, dopo avere consultato il Dap e la Procura nazionale antimafia, ha autorizzato l’incontro tra i familiari e Toto’ Riina, capo dei capi di Cosa nostra, ormai in fin di vita. Un “colloquio straordinario” – come racconta l’Ansa – che colloquio non sara’ visto che il padrino corleonese che oggi compie 87 anni, ricoverato nel reparto detenuti dell’ospedale di Parma, e’ da giorni in coma farmacologico. Nelle ultime due settimane ha subito due interventi chirurgici. I medici ritenevano improbabile che sopravvivesse al primo viste le condizioni di salute gia’ precarie. Ma Riina ce l’ha fatta, salvo peggiorare dopo qualche giorno. Dalla seconda operazione a cui e’ seguita una grave setticemia, non si e’ mai svegliato, sottoposto a coma farmacologico dai sanitari dell’ospedale Maggiore di Parma. Il provvedimento del Guardasigilli autorizza le visite della moglie del boss, Ninetta Bagarella, delle due figlie e del figlio Giuseppe Salvatore. Il piu’ grande dei maschi della famiglia, Giovanni, sconta, al 41 bis, l’ergastolo per quattro omicidi. “Per me tu non sei Toto’ Riina, sei il mio papa’. E in questo giorno per me triste ma importante ti auguro buon compleanno papa’. Ti voglio bene, tuo Salvo”, ha scritto nel pomeriggio su facebook il figlio Salvatore, tornato libero dopo una condanna a 8 anni per associazione mafiosa. Tre anni fa racconto’ in un libro che suscito’ moltissime polemiche la sua vita da figlio di un capomafia. A luglio scorso i legali del boss chiesero al tribunale di sorveglianza di Bologna di differire la pena o sostituirla con la detenzione domiciliare viste le gravi condizioni del loro cliente. Un’istanza seguita al provvedimento con cui la Cassazione, mostrando qualche apertura, aveva chiesto alla Sorveglianza di motivare meglio la compatibilita’ con il regime carcerario del boss malato. Riina ha si’ molte malattie, alcune legate all’eta’, ma e’ assistito quotidianamente con “estrema attenzione e rispetto della sua volonta’, al pari di qualsiasi altra persona che versi in analoghe condizioni fisiche”, hanno in sostanza risposto i giudici rigettando l’istanza dei legali. Ribadendo, inoltre, che Riina era “vigile” e “lucido” e per niente redento. In effetti fino a qualche mese fa parlando con la moglie in carcere il capo dei capi rivendicava il suo ruolo in seno all’organizzazione e ripeteva che mai si sarebbe pentito. Ventisei condanne all’ergastolo per centinaia di omicidi e stragi, Riina, mente della strategia stragista degli anni ’90, degli attentati a Falcone e Borsellino, e’ rimasto punto di riferimento per gli uomini d’onore di Cosa nostra. L’escalation criminale che l’ha portato ai vertici dell’associazione mafiosa ha lasciato una lunghissima scia di sangue: tra i suoi nemici interni e nelle istituzioni.