3 Luglio 2024
Agrigento e ProvinciaCronaca

Pm Agrigento: caso pirati tunisini da giurisprudenza in Italia

Fermato da due pescherecci, che gli hanno tagliato la rotta sia a poppa che a prua, impedendogli di scappare, per rubare prima il motore e poi successivamente cellulari e soldi. Ad accertarlo, documentandolo anche con riprese video, sono state le investigazioni della sezione operativa navale della guardia di finanza di Lampedusa, i militari della Guardia costiera di Lampedusa, la Squadra Mobile, tutti coordinati dal procuratore reggente di Agrigento Salvatore Vella. “No alla criminalizzazione dell’intera marineria tunisina, ma ci sono diversi pescherecci che si sono dedicati a queste attività illegali – ha spiegato il procuratore Vella – . Stiamo ragionando di un reato (pirateria) che, in Italia, ha un’unica sentenza su un episodio che è avvenuto al largo della Somalia diverso tempo fa. Quindi stiamo creando giurisprudenza, abbiamo avuto un’interlocuzione proficua con il gip perché si pone il problema di capire in cosa consista la pirateria in mare. Il nostro gip, Iacopo Mazzullo, ha riconosciuto l’attività di pirateria nella sottrazione del motore, fatto con violenza e minacciando con coltelli i migranti. Invece la consegna di cellulari e denaro sono avvenuti come una sorta di contrattazione, cioè l’equipaggio del peschereccio tunisino che ha base a Monastir, quindi distante da Sfax, – ha ricostruito Vella – ha chiesto la consegna di cellulari e denaro in cambio di un traino per farli avvicinare a Lampedusa. Traino che diventava fondamentale visto che il barchino non aveva più il motore, quindi li ha costretti a consegnare denaro e contanti. Dopo che hanno ricevuto denaro e cellulari, che sono stati ritrovati a bordo del motopesca, li ha trainati per un alcuni minuti e poi li ha abbandonati. Il gip di Agrigento ha qualificato questa condotta (relativa al furto di denaro e cellulari ndr.) come estorsione aggravata, reato sul quale noi non avremmo la giurisdizione perché è avvenuto tutto in acque internazionali”.

Gli assalti dei pirati non avvengono entro le 12 miglia da Lampedusa, ma fuori dalle acque italiane. “La pirateria, sanzionata internazionalmente, supera il problema della giurisdizione perché la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay ci riconosce la giurisdizione anche su fatti-reato che avvengono in acque internazionali – ha spiegato il procuratore Vella – . L’estorsione, no. Quindi noi abbiamo avuto un primo fermo, per estorsione aggravata, che non è stato convalidato dal gip di Agrigento ritenendo che vi erano i gravi fatti di reato, ma mancava la giurisdizione italiana. E il gip ha quindi ordinato la scarcerazione dei 4 tunisini. Coordinando il lavoro di tutti, bravo il collega Gaspare Bentivegna titolare del fascicolo, ha emesso un nuovo fermo, contestando la pirateria, che è stato convalidato dal gip che ha emesso la misura della custodia cautelare in carcere”. “Su questi aspetti, cioè se sulle condotte che possono essere in qualche modo estorsive, interloquiremo con il tribunale del Riesame di Palermo, con la Cassazione, anche per parametrare meglio e creare giurisprudenza in Italia, stabilendo cosa è pirateria e cosa non lo è. Faremo dei protocolli investigativi, per capire meglio cosa chiedere ai migranti e cosa andare a vedere con gli assetti aerei perché fino adesso l’attività che abbiamo registrato sui pescherecci tunisini è stata un’attività che poteva essere favoreggiamento, cioè trainavano dietro compenso i barchini verso Lampedusa, o di soccorso. Qui abbiamo pescatori che non aiutano più gente in mare in difficoltà – ha concluso Vella -, ma pescatori diventati ‘pirati’. Natanti di gente che va in mare da una vita che si sono trasformati in ‘pirati'”. (ANSA)