27 Luglio 2024
Cronaca

Carceri, penalisti: “Inaccettabile Provenzano ancora al 41 bis”

E’ “inaccettabile” che Bernardo Provenzano sia ancora al 41 bis: occorre intervenire subito “per rispetto dei diritti fondamentali”. Ad affermarlo e’ l’Unione delle Camere Penali, secondo cui “l’evidente contraddizione fra il riconoscimento, da un lato, del grave stato di salute di Provenzano, che non gli consente di partecipare validamente al processo sulla trattativa Stato – mafia, e, dall’altro, il mantenimento in stato di detenzione – per di piu’ in un regime inumano – non e’ stata fin qui meritevole di alcuna attenzione, neppure tra coloro che, d’abitudine, si indignano per le violazioni dei diritti umani”.


“Forse – polemizza la Giunta in un documento – perche’ ampia e’ la consapevolezza che una pubblica presa di posizione che riguardi Provenzano condanna chi la esprime alla piu’ assoluta impopolarita’. Ma l’Unione Camere Penali non ha mai temuto di essere impopolare quando denuncia la violazione dei diritti fondamentali dell’individuo, qualsiasi nome esso porti, sia pure il diavolo in persona, ed a prescindere dalla sua storia processuale e dalle sue responsabilita’, perche’ ritiene che i diritti fondamentali non siano ‘divisibili’ e non possano essere negati ad alcuno”. Provenzano, ricordano i penalisti, “e’ ancora sottoposto al 41 bis, nonostante sia ormai ridotto ad uno stato quasi vegetativo: affetto dal morbo di Parkinson e da altre patologie si trova costretto costantemente in un letto, nutrito artificialmente, incapace di attendere agli atti piu’ elementari di vita quotidiana. Se un’autorita’ giudiziaria ha accertato l’irreversibile processo degenerativo fisico e psichico di uomo, al punto da rendere impossibile la sua partecipazione ad un processo, cio’ significa evidentemente che egli e’ incompatibile con ogni forma di detenzione, figurarsi il regime del ‘carcere duro’. Un regime che mira a condizionare il comportamento processuale dei detenuti e di cui i penalisti sono tra i pochi a denunciare la vera natura di ‘tortura legalizzata’”. (AGI)